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AMMUCCIARELLA

C

onosciuto anche come nascondino, liberi tutti, salvi tutti, l’”ammucciarella” era senz’altro il gioco preferito, quello che coinvolgeva il maggior numero di ragazzi.

I partecipanti al gioco si riunivano in un vicolo, sceglievano il muro che sarebbe servito da tana o casa, e delimitavano il loro campo d’azione. Poi si disponevano in cerchio e “buttavano lu tuocco”, cioè tiravano a sorte il giocatore che doveva “cecare” o “andare sotto”. Il poveretto si dirigeva con viso mesto e con passi lenti verso il muro, richiamando gli avversari al rispetto delle regole del gioco. Si appoggiava, finalmente, al muro, chiudendo gli occhi e premendo il capo sulle braccia incrociate. E iniziava a contare lentamente e a voce alta.

Tutti gli altri, non appena iniziava il conteggio, volavano via a nascondersi. La ricerca del nascondiglio era affannosa: nessuno sembrava sicuro e a volte bisognava litigare con qualche compagno per trovarne uno decente.

C’era sempre qualche ragazzo ancora impegnato nella ricerca frenetica di un posto, quando si udiva il grido del giocatore che “cecava”: “Trentunooo!”.

Il conteggio era terminato e aveva inizio la caccia. Il cacciatore sostava per un attimo vicino alla tana, aguzzava gli occhi e “spilava” gli orecchi nella vana speranza di vedere qualcuno o di sentire un bisbiglio. Nulla. I suoi compagni si erano smaterializzati o trasformati in porte, in pezzi d’intaglio, in scalini. Ma non si arrendeva. Muovendosi con estrema cautela ed allontanandosi di poco dalla tana, dava un’occhiata verso tutti i possibili nascondigli.

Ecco, però, che mentre guardava da un lato, già un ragazzo sbucava dall’altro, raggiungeva con un salto la tana, batteva la mano sul muro e si “liberava”. Non era la fine del mondo: ce n’erano ancora tanti da scovare.

La caccia continuava. Finalmente, acquattata accanto ad uno stipite, il cacciatore scopriva una preda e ne gridava il nome. Molti suoi avversari approfittavano del momento favorevole per raggiungere la tana e liberarsi. Tra il cacciatore e la preda scovata, però, la partita era ancora aperta e si chiudeva con la vittoria di chi per primo toccava il muro della casa.

Nel turno successivo andava sotto chi non era riuscito a liberarsi.

Capitava a volte che un bravo cacciatore riuscisse a prendere tutti i suoi avversari, tranne uno. E mentre egli già assaporava la vittoria e s’inorgogliva per la propria abilità, quell’unico ragazzo ancora libero, sbucando da chissà dove, batteva la sua mano trionfante sul muro gridando al cielo: “Salvi tutti!”.