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LU CARRUOZZO

Q

uanta alterigia si leggeva nello sguardo del ragazzo comodamente seduto sul “carruozzo”. E che corse lungo le discese e quante raccomandazioni o rimproveri da parte degli adulti.

I ”carruozzi” erano per i ragazzi di mezzo secolo fa dei bolidi di Formula uno, con i quali sfidarsi in gare all’ultima…caduta.

Erano pochi coloro che ne possedevano uno perché per costruirlo bisognava rivolgersi ad un falegname. Ad una tavola, lunga circa sessanta centimetri e larga quaranta, veniva applicato da una parte un bastone robusto di legno che faceva da asse posteriore. Dall’altra parte si collegava una specie di corto timone alla estremità del quale si inchiodava un altro bastone, che serviva da asse anteriore. Il timone era inserito sotto la tavola e mantenuto aderente ad essa da un bullone, in modo da poter ruotare  a sinistra e a destra. Si sistemavano poi le quattro ruote di legno negli assi e per evitare che si sfilassero venivano bloccate con dei lunghi chiodi. Si legavano, infine, i capi di una corda all’asse anteriore e tirandola con forza era possibile sterzare.

Il pilota si sedeva direttamente sulla tavola, a meno che il suo bolide non fosse dotato di “scannulillo” (=piccolo sedile), e poggiava i piedi divaricati sull’asse anteriore.

Il “carruozzo” volava in discesa e a volte lo fermava soltanto il muro di una casa, ma in pianura e in salita non andava da solo, ci voleva almeno un compagno disposto a spingerlo. Non era difficile trovarlo: bastava la promessa di concedergli un giro.