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1."Annita, prepara l'impasto!" 2.dando gli ordini
8.pagnotte
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LA FAZZATORA "Annì, ammassa!"1. I sonni delle nostre notti passate erano spesso interrotti dalle grida del fornaio che andava "commannenno"2. E in molte case, intorno alle tre di notte, iniziava un vero e proprio rito, quello di "fare" il pane. Sistemata sullo "scannolo"3, appoggiata al muro, in un
angolo della cucina troneggiava la "fazzatora"4, come un lare domestico,
simbolo dell’unità e della continuità della famiglia. Ripiena in parte di
farina, che Annita aveva in precedenza setacciato ora dimenando ora ruotando
la "seta"5 sul "pede"6, la "fazzatora" sembrava una culla dove un bambino
dalla pelle candida era stato posto a riposare. A questo punto, nella cucina, che era rimasta quasi del tutto immersa nel silenzio, si spandeva un ritmo simile a quello dei piedi che calpestino foglie di un bosco, continuo, ossessivo, che si interrompeva solo per qualche istante. Annita spingeva, alternandole, le mani chiuse a pugno nell’impasto, lasciandovi ogni volta le impronte, e ogni tanto sollevava tutta la pasta da un lato per aggiungere dell’altra acqua o la capovolgeva. Tutto il corpo della donna si scuoteva e liberava da sé uno spirito vitale che si trasferiva nell’impasto, il quale diveniva sempre più solido e compatto. Il lavoro di Annita durava più di un’ora. Finalmente si riposava e faceva "riposare" anche la pasta, dopo avere steso sulla "fazzatora" una tovaglia e alcune coperte. La pasta era lasciata a lievitare per un paio d’ore, poi Annita passava alla preparazione delle "scanate"8. Con la "rasolicchia"9 usata anche per pulire la "fazzatora", tagliava una porzione di pasta che, dopo averla ridotta in forma di pagnotta, poggiava su un tavolino infarinato e successivamente riponeva in un "cestiello"10, all’interno del quale era adagiato un "panno" ruvido e candido. Spargeva poi sulla pagnotta della farina e la copriva con i lembi del "panno". Ad Annita non restava ora che sistemare tutti i "cestielli" sulla tavola, porsi quest’ultima sul capo ed avviarsi al forno. Il fornaio bruciando della legna aveva già portato il
forno alla giusta temperatura, ne aveva pulito la base con il "munnolo"11 e si
apprestava ad introdurvi le pagnotte con una lunga pala. Dopo due ore, il
pane, caldo e fragrante, ritornava nella "fazzatora", là dove molte famiglie
lo conservavano. "Annita, quando talor nella pulita madia la molle pasta agiti e muovi, e la pigi e la sforzi e ti riprovi contro di lei, che s’arrende incrudelita, senti che in quella guisa è la mia vita nelle tue mani" (Bracciolini) ................................ "Bella figghiola che cierni farina co ‘so culo non cotolià ca co’ lo fruscio de le mmenne la farina pe’ l’ario va"
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