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Dopo il restauro

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Pala eolica e Torre

 

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NORMANNA  O  SVEVA  ?

a proprio nel Medioevo dovevo andare a nascere!
  In uno dei secoli bui!
 Ed ora, eccomi qua: senza uno straccio di atto di nascita da esibire,      senza una paternità da rivendicare. Figlia di…?

 Chi mi piglia per normanna, chi mi piglia per sveva; ma i natali a me chi me li ha dati? Roberto il Guiscardo o Federico II?

Le mie pietre tramandano la furbizia normanna o la saggezza sveva?

Sono stata eretta prima o dopo il 1200?

Se fosse vera la data incisa sulla lapide affissa sul mio portale cinquecentesco (costruita nel 1216), gongolerei di gioia, perché nel mio corpo scorrerebbe sangue blu, quello dello “stupor mundi”, il geniale Federico II. In questo periodo, l’imperatore svevo farà erigere  il Palazzo imperiale a Foggia, il gioiello architettonico di Castel del Monte, la residenza di caccia di Castel Fiorentino,  e trasferirà dalla Sicilia a Lucera decine di migliaia di saraceni.

Anno più, anno meno, da tanti secoli sto qui, sulla cima di questo aspro colle casalborese, a fare da vedetta, da “antenna” e da sentinella sulle vie che dalla Campania e dal Molise portano in Puglia.

Sotto i miei vigili occhi si stendono campi, orti, vigne, uliveti, scorrono fiumi e torrenti, passano strade antiche e moderne, si slanciano ponti o si mostrano in ruderi,  e vissero e vivono gli uomini di tanti paesi.

Ho udito parole di lingue diverse: latine, volgari, arabe, francesi, spagnole, sono stata  assordata dal fragore delle armi, sono stata destata di soprassalto dall’abbaiare dei cani e dai belati delle pecore. 

I belati soprattutto mi sembra ancora di sentirli, anche se da una cinquantina di anni non sono più passate greggi transumanti accanto alle mie mura. Prima, però, a Maggio e a Settembre il tratturo sul quale dominavo e domino diventava un fiume di lana.

Più le pecore mi si avvicinavano più creavano un gorgo di teste, di gambe e di code perché la strada, prima molto ampia e piana, improvvisamente si trasformava in un sentiero scosceso e tortuoso che si snodava sul ciglio di un burrone.

E sotto mugghiava il Vallone del Fosso, e guadarlo non era facile. Era questo il tratto più pericoloso e arduo da percorrere di tutto il tratturo che dai monti dell’Abruzzo e del Molise conduceva al Tavoliere.

Qui una masnada di malandrini poteva con estrema facilità mettere in atto imboscate ed agguati.
Da quando ci sto io, però, il passaggio del torrente è diventato abbastanza tranquillo e agevole.

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