28
giugno 2007
Stéphane
Mallarmé, Dal Parnaso Contemporaneo
I fiori
Dalle
valanghe d'oro del vecchio azzurro, il primo
giorno e degli astri dell'eterna neve
tu distaccasti allora i grandi calici
per la giovane terra, vergine da disastri.
I cigni
dal collo sottile nel fulvo gladiolo
e il lauro divino dei cuori esiliati, vermiglio
al pari dell'alluce puro del serafino,
che tinge l'acceso pudore d'aurore calpeste,
il
giacinto ed il mirto dall'immateriale fulgore
e, simile a carne di donna, la rosa crudele,
Erodiade in fiore del chiaro giardino, colei
che d'un violento sangue e radioso s'irrora!
E tu
facesti dei gigli il singhiozzante biancore
che rotolando su mare di sospiri che sfiora,
attraverso l'incenso turchino di spenti orizzonti
sognante s'innalza verso il pianto lunare!
Osanna
con sistri e turiboli, o nostra Signora,
osanna dalle aiuole dei nostri limbi!
E l'eco si smorzi lungo le sere celesti,
estasi degli sguardi, brillare di nimbi!
[...]
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27
giugno 2007
Giusto
de' Conti, La bella mano
VII
Quel
cerchio d'oro, che due trecce bionde
alluma sì, che il Sol troppo sen dole,
e il viso ove fra pallide viole
Amor sovente all'ombra si nasconde;
et
l'armonia che tra sì bianche, et monde
perle risuona angeliche parole;
et gli occhi, onde al mattin riprende il Sole
la luce che perpetua havea tra l'onde;
et la
vaghezza del soave riso,
con l'atto altero dell'andar beato,
che ogni vil cura dal cor m'allontana;
e il bel
tacer da innamorar Narciso,
è quel che tanto ha sopra ogni altro stato
nobilitata la natura humana.
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26
giugno 2007
Salvatore
Quasimodo, Acque e terre
Anche mi
fugge la mia compagnia
Anche mi
fugge la mia compagnia,
donne di ghetto, giullari di taverna,
fra cui passai gran tempo,
e morta è la ragazza
a cui ardeva il volto perenne
unto d'olio della pasta àzzima
e la buia carne d'ebrea.
Forse è
mutata pure mia tristezza,
come fossi non mio,
da me stesso scordato.
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21
giugno 2007
Umberto
Saba, Il Canzoniere
Ritratto
della mia bambina
La
mia bambina con la palla in mano
con gli occhi grandi colore del cielo
e dell’estiva festicciola:
«Babbo
- mi disse – voglio uscire oggi con te».
Ed io pensavo: Di tante parvenze
che s’ammirano al mondo, io ben so a quali
posso la mia bambina assomigliare.
Certo alla schiuma, alla marina schiuma
che sull’onde biancheggia, a quella scia
ch’esce azzurra dai tetti e il vento sperde;
come alle nubi, insensibili nubi
che si fanno e disfanno in chiaro cielo;
e ad altre cose leggere e vaganti.
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21
giugno 2007
Diego Valeri, Poesie
Bambina
E te,
bambina,
presa nell'ampia veste
color notte marina,
a cosa t'assomiglio?
Al tenero gheriglio
di pelle bionda e fina
ch'esce dal mallo scuro,
ignudo e puro.
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20
giugno 2007
Libero De Libero, Romanzo
Così gli altri
ingannando
Se cerco
te non sei tu che io vedo
e non sei tu che io guardo se a te parlo.
Ma se ad altri mi volgo è a te che io dico
un'antica parola che ognuno si gode
e per un volto che intanto io guardo
è la tua guancia sempre che io vedo.
Così gli altri ingannando e me stesso
non inganno te che non mi guardi.
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19 giugno 2007
Eugenio Montale, Meriggi e
ombre
Fine dell'infanzia
[...]
Ma dalle
vie del monte si tornava.
Riuscivano queste a un’instabile
vicenda d’ignoti aspetti
ma il ritmo che li governa ci sfuggiva.
Ogni attimo bruciava
negl’istanti futuri senza tracce.
Vivere era ventura troppo nuova
ora per ora, e ne batteva il cuore.
Norma non v’era,
solco fisso, confronto,
a sceverare gioia da tristezza.
Ma riaddotti dai viottoli
alla casa sul mare, al chiuso asilo
della nostra stupita fanciullezza,
rapido rispondeva
a ogni moto dell’anima un consenso
esterno, si vestivano di nomi
le cose, il nostro mondo aveva un centro.
Eravamo
nell’età verginale
in cui le nubi non sono cifre o sigle
ma le belle sorelle che si guardano viaggiare.
D’altra semenza uscita
d’altra linfa nutrita
che non la nostra, debole, pareva la natura.
In lei l’asilo, in lei l’estatico affisare; elle il portento
cui non sognava, o a pena, di raggiungere
l’anima nostra confusa.
Eravamo nell’età illusa.
Volarono
anni corti come giorni,
sommerse ogni certezza un mare florido
e vorace che dava ormai l’aspetto
dubbioso dei tremanti tamarischi.
Un’alba dové sorgere che un rigo
di luce su la soglia
forbita ci annunziava come un’acqua;
e noi certo corremmo
ad aprire la porta
stridula sulla ghiaia del giardino.
L’inganno ci fu palese.
Pesanti nubi sul torbato mare
che ci bolliva in faccia, tosto apparvero.
Era in aria l’attesa
di un procelloso evento.
Strania anch’essa la plaga
dell’infanzia che esplora
un segnato cortile come un mondo!
Giungeva anche per noi l’ora che indaga.
La fanciullezza era morta in un giro a tondo.
Ah il giuoco dei cannibali nel
canneto,
i mustacchi di palma, la raccolta
deliziosa dei bossoli sparati!
Volava la bella età come i barchetti sul filo
del mare a vele colme.
Certo guardammo muti nell’attesa
del minuto violento;
poi nella finta calma
sopra l’acque scavate
dové mettersi un vento.
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18 giugno 2007
Eugenio Montale, Meriggi e
ombre
Fine dell'infanzia
Rombando s'ingolfava
dentro l'arcuata ripa
un mare pulsante, sbarrato da solchi,
cresputo e fioccoso di spume.
Di contro alla foce
d'un torrente che straboccava
il flutto ingialliva.
Giravano al largo i grovigli dell'alighe
e tronchi d'alberi alla deriva.
Nella conca ospitale
della spiaggia
non erano che poche case
di annosi mattoni, scarlatte,
e scarse capellature
di tamerici pallide
più d'ora in ora; stente creature
perdute in un orrore di visioni.
Non era lieve guardarle
per chi leggeva in quelle
apparenze malfide
la musica dell'anima inquieta
che non si decide.
Pure colline chiudevano
d'intorno
marina e case; ulivi le vestivano
qua e là disseminati come greggi,
o tenui come il fumo di un casale
che veleggi
la faccia candente del cielo.
Tra macchie di vigneti e di pinete,
petraie si scorgevano
calve e gibbosi dorsi
di collinette: un uomo
che là passasse ritto s'un muletto
nell'azzurro lavato era stampato
per sempre - e nel ricordo.
Poco s’andava oltre i crinali
prossimi
di quei monti; varcarli pur non osa
la memoria stancata.
So che strade correvano su fossi
incassati, tra garbugli di spini;
mettevano a radure, poi tra botri,
e ancora dilungavano
verso recessi madidi di muffe,
d’ombre coperti e di silenzi.
Uno ne penso ancora con meraviglia
dove ogni umano impulso
appare seppellito
in aura millenaria.
Rara diroccia qualche bava d’aria
sino a quell’orlo di mondo che ne strabilia.
[...] (continua)
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15 giugno 2007
Giorgio Caproni
Epilogo
Sentivo lo scricchiolio,
nel buio, delle mie scarpe:
sentivo quasi di talpe
seppellite un rodio
sul volto, ma sentivo
già prossimo ventilare
anche il respiro del mare.
Era una sera di tenebra,
mi pare a Pegli, o a Sestri.
Avevo lasciato Genova
a piedi, e freschi
nel sangue i miei rancori
bruciavano, come amori.
M' approssimavo al mare
sentendomi annientare
dal pigolio delle scarpe:
sentendo già di barche
al largo un odore
di catrame e di notte
sciacquante, ma anche
sentendo già al sol, rotte,
le mie costole, bianche.
Avevo raggiunto la rena,
ma senza avere più lena.
Forse era il peso nei panni,
dell' acqua dei miei anni.
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14 giugno 2007
García Lorca, Poesie
Il silenzio
Ascolta, figlio, il silenzio.
È un silenzio
ondulato,
un silenzio,
dove scivolano valli ed echi
e che piega le fronti
al suolo.
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13 giugno 2007
Costantino Kavafis, Poesie
Candele
Stanno
i giorni futuri innanzi a noi
come una fila di candele accese -
dorate, calde, e vivide.
Restano indietro i giorni del passato,
penosa riga di candele spente:
le più vicine dànno fumo ancora,
fredde, disfatte, e storte.
Non le
voglio vedere: m'accora il loro aspetto,
la memoria m'accora del loro antico lume.
E guardo avanti le candele accese.
Non mi voglio voltare, ch'io non
scorga, in un brivido,
come s'allunga presto la tenebrosa riga,
come crescono presto le mie candele spente.
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12 giugno 2007
Pablo Neruda
Ode alla speranza
Crepuscolo marino
in mezzo
alla mia vita,
le onde come uve
la solitudine del cielo,
mi colmi
e mi trabocchi,
tutto il mare,
tutto il cielo,
movimento
e spazio,
i battaglioni bianchi
della schiuma,
la terra color arancia,
la cintura
incendiata
del sole in agonia,
tanti
doni e doni,
uccelli
che vanno verso i loro sogni,
e il mare, il mare,
aroma
sospeso,
coro di sale sonoro,
e nel frattempo
noi,
gli uomini,
vicino all'acqua,
che lottiamo
e speriamo
vicino al mare, speriamo.
Le onde dicono alla costa salda:
«Tutto sarà compiuto».
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11 giugno 2007
William Shakespeare,
Sonetti
2
Quando quaranta
inverni assedieranno la tua fronte
e nel campo della tua bellezza scaveranno trincee profonde,
la superba livrea della tua ammirata giovinezza
sarà un cencioso panno tenuto in poco conto.
Ti si chiedesse allora dove sia la tua bellezza,
dove tutto il tesoro dei tuoi ardenti giorni,
dire nei tuoi stessi occhi infossati
sarebbe vergogna divorante e sprecato elogio.
Quanto maggiore elogio meriterebbe l'uso della tua bellezza,
se tu potessi rispondere
«Questo mio bel figlio
salderà il mio conto e scuserà me vecchio»,
provando la sua bellezza per successione, tua!
Sarebbe esser rifatto nuovo quando sarai vecchio
e veder caldo il tuo sangue quando lo sentirai freddo.
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8 giugno 2007
Mario Luzi,
Dal fondo delle campagne
Augurio
Camera dopo camera la donna
inseguita dalla mattina canta,
quanto dura la lena
strofina i pavimenti,
spande cera. Si leva, canto tumido
di nuova maritata
che genera e governa,
e interrotto da colpi
di spazzole, di panni
penetra tutto l'alveare, introna
l'aria già di primavera.
Ora che tutt'intorno,
a ogni balcone,
la donna compie riti
di fecondità e di morte,
versa acqua nei vasi, immerge fiori,
ravvia le lunghe foglie, schianta
i seccumi, libera i buttoni
per il meglio della pioggia,
per il più caldo del sole,
o miei giovani e forti,
miei vecchi un po' svaniti,
dico, prego: sia grazia essere qui,
grazia anche l'implorare a mani giunte,
stare a labbra serrate, ad occhi bassi
come chi aspetta la sentenza.
Sia grazia essere qui,
nel giusto della vita, nell'opera del mondo. Sia così.
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7 giugno 2007
Libero Bovio (+ V.
D'Annibale)
'O paese d' 'o sole!
Ogge sto tanto allero ca quase quase
me mettesse a chiagnere pe' sta felicità...
Ma è overo o nun è overo
ca so' turnato a Napule?
Ma è overo ca sto ccà.
'O treno steva ancora 'int' 'a stazione
quanno aggio 'ntiso 'e primme manduline...
Chist'è 'o paese d' 'o sole,
chist'è 'o paese d' 'o mare,
chist'è 'o paese addò tutt'e parole,
so' doce o so' amare,
so' sempe parole d'ammore...
[...]
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6 giugno 2007
Dante Alighieri
Ne li occhi
porta la mia donna Amore,
per che si fa gentil ciò ch 'ella mira;
ov 'ella passa, ogn'om ver lei si gira,
e cui saluta fa tremar lo core,
sì che, bassando il viso, tutto smore,
e d'ogni suo difetto allor sospira:
fugge dinanzi a lei superbia ed ira.
Aiutatemi, donne, farle onore.
Ogne dolcezza, ogne pensero umile
nasce nel core a chi parlar la sente,
ond' è laudato chi prima la vide.
Quel ch 'ella par quando un poco sorride,
non si pò dicer nè tenere a mente,
sì è novo miracolo e gentile .
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5 giugno 2007
Vincenzo Cardarelli
Illusa gioventù
O
gioventù, innocenza, illusioni,
tempo senza peccato, secol d'oro!
Poi che trascorsi siete
si costuma rimpiangervi
quale un perduto bene.
Io so che foste un male.
So che non foco, ma ghiaccio eravate,
o mie candide fedi giovanili,
sotto il cui manto vissi
come un tronco sepolto dalla neve:
tronco verde, muscoso,
ricco di linfa e sterile.
Ora che, esausto e roso,
sciolto da voi percorsi in un baleno
le mie fiorenti stagioni
e sparso a terra vedo
il poco frutto che han dato,
ora che la mia sorte ho conosciuta,
qual essa sia non chiedo. Così rapida
fugge la vita che ogni sorte è buona
per tanto breve giornata.
Solo di voi mi dolgo, primi inganni.
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4 giugno 2007
Severino Ferrari
[Forse che dorme...]
Forse che
dorme, raggiando, la luna
un suo bel sonno candido falcato
tra le mollezze del sen tuo gigliato?
Io non la
ho vista sorger da più notti;
ed a te, curva nel raccoglier l'ago,
ieri sfuggian più raggi dal sen vago.
Ond'io
son fatto amante de la luna
e la invoco al seren e a la fortuna.
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1 giugno 2007
Giorgio Caproni, Il
passaggio d'Enea
Le
giovinette così nude e umane
senza maglia sul fiume, con che miti
membra, presso le pietre acri e l'odore
stupefatto dell'acqua, aprono inviti
taciturni nel sangue! Mentre il sole
scalda le loro dolci reni e l'aria
ha l'agrezza dei corpi, io in che parole
fuggo - perché m'esilio a una contraria
vita, dove quei teneri sudori,
sciolti da pori vergini, non hanno
che il respiro d'un nome?... Dagli afrori
leggeri dei capelli nacque il danno
che il mio cuore sconta. E ai bei madori
terrestri, ecco che oppongo: oh versi! oh danno!
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